Africa: gite ed escursioni in Kenya

Africa riesce a far sembrare normale anche la realtà più improbabile.

Credetemi, non si trattava solo di un ghepardo immobile nella savana, né di ombre ostili al chiaro di luna, o di rumori ingigantiti dalla notte, dell’odore inconfondibile di gazzelle e di polvere, ma della sensazione di libertà e dell’armonia con la natura in cui mi sono lasciata travolgere.

In Africa il tempo scorre lento.

Ecco perché l’esplorazione dei dintorni di Watamu la racconterò a modo mio.

Se vuoi qualche dritta sulla vacanza in Kenya vai all’articolo precedente Watamu, le coste soleggiate dell’Africa.

Mida Creek (safari blu)

Sono partita nella mattinata con il bus turistico verso la laguna di Mida Creek da Watamu, prenotando l’escursione direttamente nell’albergo dove alloggiavo, il Jacaranda Beach Resort.

Mirimuk, la guida turistica, un uomo di mezz’età dai occhi neri e dai denti ingialliti, iniziò il suo racconto sull’eccezionale ecosistema della zona naturalistica più bella del paese. Mi sembrò una persona di un’eccezionale cultura, accumulata durante una vita ricca di avventure e per tutta la durata del tragitto (10 km) non mi sono mai annoiata fino all’arrivo al molo. Aveva il dono di raccontare le sue storie attraverso un umorismo sottile, molto british style.

Salendo su una tipica imbarcazione del posto, mi sono seduta accanto a Mirimuk, “delicata” come al solito per farmi gli affari suoi.

La laguna di Mida Creek, dichiarata dall’UNESCO Bird International Zone, è la seconda riserva ornitologica di tutta l’Africa. Oltre a cibo naturale e spazi sconfinati, i suoi figli hanno la possibilità di fare sport, nuotare, pescare, esplorare i dintorni tutto l’anno grazie al clima mite, divertendosi in mille modi.

Tribù africana

Ho visitato il villaggio di una tribù che sarebbe dovuta essere autentica ed antica, con al centro una mandria di mucche che si abbeverava da una pozzanghera dalla misteriosa profondità, alla modica cifra di 20 euro a testa. Il solito villaggio, che fanno vedere a migliaia di turisti tutto l’anno. I maschi nei costumi tradizionali danzano ad un ritmo simile al passo dello struzzo e spiccano altissimi salti, in cui le donne di casa cucinano. Sembrava quasi una messa in scena. Scortata da una dozzina di bambini agitati a torso nudo, che gridavano correndo intorno a me nella speranza di ricevere qualche dono, mi sono ritrovata in una specie di scuola.

Facendo due conti, ho calcolato che i soldi guadagnati in un giorno erano molti per l’Africa.

Spero che almeno vengano amministrati da gente onesta.

Per quello che ho potuto vedere dei bambini africani nella realtà, vivono in mezzo al nulla, dove non esistono scuole senza luce ed acqua nelle loro case precarie di fango.  Le scuole spesso sono private e in pochi possono permettersela.

Sono quei bambini che imparano direttamente dal libro della vita.

Sono coloro che dal sorgere del sole al buio della notte stellata, passano le loro giornate vagando nei dintorni, chi nella savana e chi sulla costa, spesso badando a piccole mandrie di capre magre come loro.

Mi sono immaginata più di una volta che osservano la vita degli insetti e seguono il richiamo dei meravigliosi uccelli tessitori, che costruiscono nidi intricati sui rami, oppure quelli più spericolati che inseguono gli uccelli che portano “verso il miele” fino agli alveari.

Hanno gli occhi attenti ad ogni movimento dell’erba che può nascondere qualche animale o rettile e l’udito molto sviluppato per sentire anche i più piccoli rumori. Imparano a sopravvivere assecondando le abitudini degli animali, riconoscendo le piante commestibili e quelle medicinali.

Crescono in armonia con la legge della natura.

 Hell’s Kitchen, la cucina del diavolo, il segreto del Canyon di Marafa

Un’antica leggenda narra che in questa zona abitava una famiglia, ricchissima a tal punto, che al posto di farsi il bagno con l’acqua usava il latte. Nonostante intorno a loro vivevano villaggi interi di famiglie povere, questi si rifiutavano in ogni modo di aiutarli. Stanco della loro avarizia, Dio li fece sprofondare in una voragine, quello che oggi viene chiamato il Canyon di Marafa.

Arrivata all’incirca in un’ora, dopo un’infinita strada accidentata, incurante di buche e pietre … continuavo ad immortalare le poche case in mezzo al nulla piena di bambini scalzi.

I bambini del Marafa li vedevi arrampicarsi sugli alberi e nascondersi fra i rami, come degli uccelli nei nidi, a spiare tra il fogliame, per poi saltare giù e mettersi in fila indiana in attesa di qualche dolcetto regalato dai turisti.

“Se ascolteremo il bambino che abbiamo nell’anima, nostri occhi torneranno a brillare”. Paulo Coelho

 

 

 

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